venerdì 27 gennaio 2012

Perché ricordare

Guai a chi dimentica.

Ma evitiamo di ricordare "per non dimenticare": finiremmo per avere soltanto una ricorrenza in più nel calendario.

Evitiamo di ricordare per imposizione televisiva.

Evitiamo di ricordare per pietà, per sciacquarci le palpebre.

Evitiamo di ricordare per moda, per mostrare quanto siamo "civili", per raccogliere consensi.

Evitiamo di ricordare per chiederci anno dopo anno un motivo che - ovvio! - non c'è, per imparare da errori da noi neppure commessi: la Storia, nel suo immenso quanto vano sforzo di insegnarci qualcosa, continua a ripetersi multiforme con sempre nuovi protagonisti, proprio perché quegli errori non siamo stati noi a commetterli.

Ricordiamo per indignazione, per ricordarci che ne siamo e saremmo ancora capaci. Per mostrare che, nell'eventualità in cui le cose si ripetano, noi non staremo in silenzio a piangere altri innumerevoli elenchi da aggiungere ai memoranda.

Il ricordo è autentico solo quando non si perde nel pur utile astratto di una retorica come la mia. Il ricordo deve sapersi fare quanto più concreto, qualora se ne presenti una certo non augurabile occasione.

martedì 24 gennaio 2012

Fiat Panda - Quello che lo speaker non dice

Bella la nuova pubblicità della Fiat Panda. O almeno lo sarebbe se non fosse una pubblicità, specie se della Fiat, se non fosse l'ennesima strumentalizzazione - questa sì squisitamente italiana. Eppure, più che grondare di ipocrisia - che, in quanto parte costitutiva interessante del genere umano raramente mi trovo a voler biasimare, se non nella sua particolare declinazione che tanto abbonda in chi millanta di odiarla - è arida di altro, di un qualcosa che pure mi par di cogliere tra le parole e i silenzi dello speaker...

«Ma quante Italie conosciamo! Quella dell'arte [sì, quella della Fontana del Moro sfregiata e della Casa dei Gladiatori che cade, o di quella dei conservatori che chiudono...], della grande inventiva, quella del talento costruttivo [che siamo bravissimi a far esprimere all'estero...], quella del Paese pittoresco [che ognuno dipinge come vuole...], quella dei giovani che cercano un futuro [e non lo trovano...], o quella [un tempo] capace di grandi imprese industriali. Noi possiamo scegliere quale Italia essere: è il momento di decidere se essere noi stessi o accontentarci dell'immagine che ci vogliono dare [e che giorno dopo giorno li aiutiamo a darci]; questo momento è quello di ripartire [dai?], ripartire nell'unico modo che conosciamo, con il nostro lavoro [quello che gli operai di Mirafiori e Termini Imerese, tra gli altri, non hanno più...] e mettendoci alla prova. Perché in Italia ogni giorno c'è qualcuno che si sveglia e mette nel suo lavoro [quello che loro non hanno più, si diceva...] il suo talento, la passione, la creatività, ma soprattutto la voglia di costruire una cosa ben fatta [con tutto il rispetto, una Panda?].
Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo»

E che dite di quelle che distruggiamo?