Bella la nuova pubblicità della Fiat Panda. O almeno lo sarebbe se non fosse una pubblicità, specie se della Fiat, se non fosse l'ennesima strumentalizzazione - questa sì squisitamente italiana. Eppure, più che grondare di ipocrisia - che, in quanto parte costitutiva interessante del genere umano raramente mi trovo a voler biasimare, se non nella sua particolare declinazione che tanto abbonda in chi millanta di odiarla - è arida di altro, di un qualcosa che pure mi par di cogliere tra le parole e i silenzi dello speaker...
«Ma quante Italie conosciamo! Quella dell'arte [sì, quella della Fontana del Moro sfregiata e della Casa dei Gladiatori che cade, o di quella dei conservatori che chiudono...], della grande inventiva, quella del talento costruttivo [che siamo bravissimi a far esprimere all'estero...], quella del Paese pittoresco [che ognuno dipinge come vuole...], quella dei giovani che cercano un futuro [e non lo trovano...], o quella [un tempo] capace di grandi imprese industriali. Noi possiamo scegliere quale Italia essere: è il momento di decidere se essere noi stessi o accontentarci dell'immagine che ci vogliono dare [e che giorno dopo giorno li aiutiamo a darci]; questo momento è quello di ripartire [dai?], ripartire nell'unico modo che conosciamo, con il nostro lavoro [quello che gli operai di Mirafiori e Termini Imerese, tra gli altri, non hanno più...] e mettendoci alla prova. Perché in Italia ogni giorno c'è qualcuno che si sveglia e mette nel suo lavoro [quello che loro non hanno più, si diceva...] il suo talento, la passione, la creatività, ma soprattutto la voglia di costruire una cosa ben fatta [con tutto il rispetto, una Panda?].
Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo»
E che dite di quelle che distruggiamo?
«Ma quante Italie conosciamo! Quella dell'arte [sì, quella della Fontana del Moro sfregiata e della Casa dei Gladiatori che cade, o di quella dei conservatori che chiudono...], della grande inventiva, quella del talento costruttivo [che siamo bravissimi a far esprimere all'estero...], quella del Paese pittoresco [che ognuno dipinge come vuole...], quella dei giovani che cercano un futuro [e non lo trovano...], o quella [un tempo] capace di grandi imprese industriali. Noi possiamo scegliere quale Italia essere: è il momento di decidere se essere noi stessi o accontentarci dell'immagine che ci vogliono dare [e che giorno dopo giorno li aiutiamo a darci]; questo momento è quello di ripartire [dai?], ripartire nell'unico modo che conosciamo, con il nostro lavoro [quello che gli operai di Mirafiori e Termini Imerese, tra gli altri, non hanno più...] e mettendoci alla prova. Perché in Italia ogni giorno c'è qualcuno che si sveglia e mette nel suo lavoro [quello che loro non hanno più, si diceva...] il suo talento, la passione, la creatività, ma soprattutto la voglia di costruire una cosa ben fatta [con tutto il rispetto, una Panda?].
Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo»
E che dite di quelle che distruggiamo?
Nessun commento:
Posta un commento