Lo schock non può che essere impressionante, anche se mitigato, come ogni volta, dal solito distacco televisivo. E come ogni volta impressionanti sono le sequele di grida che invocano un immediato crucifige. Ancora, evidentemente, non si riesce a capire che la giustizia non deve uccidere persone, bensì personalità: non deve cioè essere Anders Behring Breivik a dover morire, bensì un Anders Behring Breivik.
Si dirà - e temo sia vero - che un folle del genere non potrà mai cambiare, neppure se gli venissero concesse altre sedici vite: ma il fatto che lui non possa cambiare in meglio, non significa dover cambiare in peggio noi.
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