martedì 18 ottobre 2011

De hominibus mulieribusque

Quando mi piglia l'indignazione verso la tivù che non vorrei, mi piglia anche un'insana forma di radicalscichismo tale da portarmi ad esprimere la mia indignazione con notevole disprezzo per chi usa il cervello "a guisa di pene canino" (alla cazzo di cane). E come Dante pontificava sul volgare in latino, allo stesso modo pontifico io sui volgari.
Diceva una mia tanto vituperata insegnante: "Il cervello funziona bene, siete voi che non lo sapete usare". O forse non lo volete.

Nescio quomodo possint. Quomodo possint eo spernere vitam, ut illam in illa turpitudine iaciant; quomodo possint, alteri, eorum mentes ad oblium damnare vexareque adsentientes oculos quorum eos spectant.
Nescio quid sit videndum, quia sit videndum. Nescio quia sit cerebrum proprium delendum.
Nescio quis fuerit tam exsecrabilis, ut tam exsecrabilia crearet.
Nescio quia putet anula mea dignum videndu, docile audiendu.
Nescio, sed fieri video et excrucior.

***

Non so come possano. Come possano disprezzare la vita al punto tale da gettarla in quella sozzeria; come possano - gli altri - condannare le loro menti all'oblio e tormentare gli occhi assenzienti di chi li guarda.
Non so cosa ci sia da vedere, perché sia da vedere. Non so perché ci si debba distruggere il proprio cervello.
Non so chi possa essere stato tanto depravato, da dar vita a tanta depravazione.
Non so perché mia nonna lo giudichi degno di esser visto, innocuo al sentirlo.
Non lo so, ma vedo che accade, e me ne tormento.


P.S.: Catullo, perdonami...

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